La villa romana in località Casa Salese
Sulle prime propaggini dei Monti Lattari in un’area appartenente all’Ager Stabianus, dopo la distruzione di Stabiae ad opera di Silla nell’89 a.C., nascono le cosiddette ville rustiche, circondate da estesi fondi, fattorie agricole cioè rivolte alla coltivazione dei terreni e alla pastorizia, in particolare allevamenti di bovini e ovini, con conseguenti relative attività redditizie, come la produzione di latte e derivati e la lavorazione della lana.
L’amenità del sito, il clima temperato, la floridezza e la produttività dei terreni, resi tali dai materiali piroclastici del Vesuvio, favoriscono nella parte pedecollinare impianti di oliveti, vitigni e grande varietà di alberi da frutta, ma anche ortaggi e cereali.
La vita viene interrotta bruscamente a seguito dell’immane eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e gli insediamenti abitativi con gli annessi predi vengono distrutti e coperti da materiale piroclastico e nel tempo da terreno alluvionale.
Nel territorio di Sant’Antonio Abate negli ultimi due secoli, oltre a una grande varietà di reperti archeologici, sono emerse ben diciotto ville rustiche; di particolare rilevanza è quella in via casa Salese, riportata alla luce nella proprietà terriera del dott. Carlo Cuomo di Napoli.
La villa, da ascrivere al primo secolo a.C., è posta in zona pedemontana sulle prime propaggini dei Monti Lattari in posizione panoramica con affaccio sulla pianura e il Vesuvio, servita dall’antichissimo asse viario che congiungeva Nuceria a Stabiae, consentendo gli scambi di merci tra l’entroterra e l’approdo marittimo.
Il dott. Cuomo, con scavo condotto su autorizzazione della Soprintendenza Archeologica di Napoli, dalla primavera a tutto l’autunno del 1974, dissotterra alcuni ambienti posti a sud dell’imponente complesso, mentre la restante parte costituente il quartiere dominicale dovrebbe sottostare a nord nel fondo contiguo appartenente ad altro proprietario.
Il Cuomo precisamente ha scavato il peristilio, di cui ha messo in evidenze sei colonne disposte in modo da delineare l’ambulacro meridionale, il primo intercolumnio e alcune stanze circostanti il peristilio, nelle quali appaiono ricchi affreschi.
All’interno della villa affiorano rilevanti iscrizioni e graffiti parietali, di cui riportiamo la più ragguardevole: Stabiani hic sine thalamo, che costituisce al presente l’unica e la più antica testimonianza della parola stabiani.
Al riguardo lo storico e archeologo prof. Carlo Giordano interpreta che l’iscrizione rinvenuta su un frammento di parete nel cortile della villa rustica di casa Salese giustifica la presenza in loco per qualche tempo dell’anno anche di operai della vicina Stabiae in rinforzo agli altri locali, ma che qualche volta essi fossero rimasti senza una stanza per l’alloggio e che quindi fossero stati alloggiati nel cortile, ove si rinviene il graffito, in cui uno spirito burlone ironizzò verso gli Stabiani con tale scritta. La maggior parte dei reperti della villa e gli stessi affreschi parietali sono stati trasferiti nelle sale di esposizione dell’Antiquarium di Castellammare di Stabia e nei depositi delle ville stabiane.
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